martedì 14 gennaio 2014

#coglioniNoi

Circola sul web una geniale campagna di provocazione che denuncia lo sfruttamento di coloro che oggi vengono genericamente catalogati come 'creativi', realizzata dal collettivo Zero, introdotta dall'hashtag #coglioneNo, e all'istante condivisa sui social da coloro che si identificano con la categoria in questione. Che sono (siamo) moltissimi.

Danno sempre un senso di liberazione e di auto-assoluzione queste iniziative, fanno prendere coscienza in modo istantaneo di quanto la propria condizione di frustrazione e mortificazione, o di disagio generale, sia comune a molti, e così sembra meno grave, meno persecutoria, e meno spaventosa.
Un grido di ribellione a più voci solitamente infonde forza, fa sentire parte di una minoranza coesa che può trarre energia e coraggio dalla solidarietà e dal mal comune.

Ma mi rendo conto che la stirpe degli ormaisifaperdire-giovani in attesa di una realizzazione lavorativa che legittimi i loro sforzi/studi/sacrifici e menate varie, ha sviluppato un atteggiamento vittimista e scoraggiato, l'attitudine originale e poco costruttiva a lamentarsi delle difficoltà adagiandosi su di esse, sfruttandole come alibi per alimentare una pigrizia mentale e produttiva che si rinvigorisce proprio nel confronto con i compagni di sventura. "Se tanto dicono che non c'è lavoro, cosa lo cerco a fare?" Una cosa così. O anche, il molto gettonato: "Non posso sperare di trovare qualcosa di meglio, meglio accontentarsi."

Va a finire che la ricerca del lavoro, qualunque esso sia, diventa un passatempo affrontato con poca convinzione, giusto per calmare i rimorsi di coscienza e potersi crogiolare nel compatimento generale. E intanto le statistiche sparano percentuali sul tasso di disoccupazione giovanile, fomentando la sindrome vessatoria e la disperazione. Ma tralasciando la responsabilità enorme di chi viene visto solo come vittima.

Tra chi ingrossa le fila dei precari e dei disoccupati probabilmente solo una parte, seppur consistente, è il reale e indiscusso risultato del catastrofico momento, e poi ci sono altre due categorie.
Una è costituita da quelli che fanno gli schizzinosi sull'orario del colloquio, sul fatto che la sede è troppo lontana da casa e che "mi richiami verso sera che ora non ho modo di controllare l'agenda". Ma oltre ad essere odiosi e a falsare le statistiche, non nuocciono più di tanto al resto della comunità, o quantomeno non più che a se stessi.
Chi invece non ha proprio motivo di piangersi addosso sono quelli che si comportano nel modo opposto, che hanno fatto dell'umiltà e della prostrazione uno stile di vita estremo.
Quelli a cui va bene lavorare anche gratis. I patiti del volontariato insomma. E non funziona il ragionamento 'se a loro va bene così a te cosa te ne frega', perché frega, moltissimo, a tutti quanti. Finché ci sarà chi permette che il suo lavoro non venga remunerato, per qualsiasi ragione, anche la più nobile, tutti gli altri avranno un potere contrattuale inesistente, oltre ad una collezione di umiliazioni più o meno velate. E il meccanismo continuerà a girare sempre nel verso sbagliato, finché la cosa non verrà regolamentata, quindi, facendo un rapido calcolo, mai.

Lungi da me giustificare datori di lavoro schiavisti che la notte riescono anche a prendere sonno, ma se il mio vicino di casa produce un ottimo Nero d'Avola e me ne regala una bottiglia al mese, difficilmente andrò in enoteca a comprarmelo. Impiegherò i miei risparmi per qualcos'altro. E già che ci sono me ne bullerò anche.

domenica 5 gennaio 2014

Linvito

Non mi interessa quali pianeti sono in quadratura con la tua luna,
voglio sapere se sei arrivato a toccare il culmine della tua sofferenza,
se i tradimenti della vita ti hanno fatto sbocciare
o se ti sei inaridito e chiuso in te stesso per paura di soffrire ancora.

Voglio sapere se puoi sopportare il dolore, il mio o il tuo,
senza cercare di nasconderlo, sbiadirlo o farlo tacere.

Non mi interessa se la storia che racconti è vera,
voglio sapere se riusciresti a deludere qualcuno per mantenere fede a te stesso;
se riesci a sopportare l'accusa di tradimento senza tradire la tua anima.

Voglio sapere se puoi essere fedele e quindi degno di fiducia.

Voglio sapere se riesci a vedere la bellezza in ogni giorno,
anche quando non tutto è piacevole;
e se puoi lasciarti ispirare dalla sua presenza.

Non mi interessa sapere dove vivi o quanti soldi hai.
Voglio sapere se riesci ad alzarti 
dopo una notte di dolore e di disperazione
stanco e con le ossa a pezzi
e a fare ciò che va fatto per dar da mangiare ai bambini.
Non mi interessa ciò che sai né come sei giunto qui.
Voglio sapere se starai nel centro del fuoco con me
senza tirarti indietro.
Non mi interessa dove o che cosa o con chi hai studiato.
Voglio sapere che cosa ti sostiene da dentro
quando tutto il resto crolla.
Voglio sapere se riesci a stare solo con te stesso
e se ti piace davvero la compagnia 
che ti fai nei momenti vuoti.

Oriah Mountain

domenica 27 ottobre 2013

alle volte, le coincidenze

rifletto sul fatto che le persone che ho volutamente o quasi allontanato dai miei pensieri e dalla mia quotidianità sono tutte fumatori.
non è che sono distanti per questo motivo, ognuna ha una storia sua, ma in comune hanno tutte il vizio del fumo, e del bere spesso.
a volte pretendo di esprimere giudizi a casaccio, e penso che i vizi più compulsivi andrebbero riservati agli anni della spensieratezza e abbandonati maturando, ma non ne ho mai fatto un criterio di selezione, eppure, guarda caso.

martedì 3 settembre 2013

piccole cose

ho trovato un capello lunghissimo su una canottiera che non mettevo da anni, che emozione!

mercoledì 28 agosto 2013

lamentosa

per cui, ricapitolando, le attività più gettonate quest'estate sono state:
- pellegrinaggio per ospedali, pronto soccorso e studi medici
- assunzione di un numero spropositato di medicine, di ogni tipo forma sostanza consistenza e attraverso varie modalità di somministrazione
- grandi partite di burraco
- piccoli lavori di cucito
- sveglia presto
- la sera a casa o di ritorno non più tardi delle tre
- maratone tra i fornelli, per la preparazione di pane e conserve
- visione di tragedie greche all'interno di siti archeologici

..se non avessi una discreta fiducia nell'anagrafe comincerei ad avere dubbi sulla mia reale età biologica

venerdì 26 luglio 2013

Emblematica



"Turi ho vogghia di quaccosa, un passabocca, un lemonsoda"
Iddu ci arrispunni: "Giusy, quannu ti chiamavi Giuseppina, 
eri licca pà brioscia cà granita" 
"Turi tu n'ha fattu strada e ora che sei grosso imprenditori 
t'ha 'nsignari a classi 'ntò parrari" 

venerdì 31 maggio 2013

dimmi quello che ti aspetti da me. così lo aspettiamo in due.

sono colma di rabbia che tracima dagli occhi.

l'ultimo dei molti dottori da cui passo il mio tempo ultimamente, non sapendosi spiegare come mai fossi conciata così male, mi ha detto che ero troppo arrabbiata, tanto da influenzare col mio umore gli sfoghi del mio corpo.
gli ho risposto che non era vero, che ero serena. e lo pensavo davvero. anche se poi ho iniziato a fare più attenzione a cosa mi succedeva attorno, sperando di trovare un indizio che mi facesse capire come mai una persona mai vista prima si prendesse la libertà di indagare i miei sentimenti. (la persona in questione è chiaramente pazza, ma io dei pazzi mi fido più che degli altri. tra noi ci capiamo.)

e allora ho continuato a vedere ciò che vedevo anche prima, e cioè la mia intolleranza nei confronti di gran parte del genere umano. ma quella è immutata da sempre, mi serve per poter fare un'accurata selezione delle persone con cui decido di trascorrere il mio preziosissimo tempo. e allora mi sono messa ad osservare questa ristretta cerchia, appunto, più per tirarmi su il morale, per farmi riconoscere che i motivi di tale presunto astio non risiedevano di certo in chi mi ama e mi rispetta.

o forse sì. in fondo l'amore è un concetto relativo e il rispetto è ormai un'idea arcaica.

chi mi psicanalizza senza essere stato invitato a farlo, ad esempio, mi sta rispettando davvero? chi mette in dubbio qualsiasi cosa dica, chi crede che menta sulla base di chissà quali personalissime elucubrazioni, che i miei atteggiamenti non siano naturali ma dettati da qualche stereotipo di comportamento che mi affanno a seguire come se non avessi un'identità, mi sta rispettando? chi non accetta le mie scelte, chi prova a convincermi che io sia un po' sbagliata, chi si sente in dovere di impormi delle regole da seguire, mi sta davvero rispettando? sembra più che mi stia tollerando, che stia cercando di mettermi in discussione per farmi capire che tanto bene non vado, che sarebbe meglio in un altro modo, ad esempio nel suo modo, che - beato - sa tutto e ha capito di me quello che io neanche lontanamente immagino.
se quella preziosa conquista che è la libertà individuale ha ancora un senso, non dovremmo preoccuparci degli altri solo quando la cosa ci riguarda direttamente? che bisogno c'è di stare a sindacare su ogni mossa, se nessuno si sta facendo del male, anzi?
perchè così tante persone pensano di avere il diritto e l'autorizzazione di spiegarti come si fa? non gliel'hanno insegnato che ognuno dovrebbe viversi la propria vita? non gliel'hanno spiegato che gli errori non sono un errore, quando uno vuole costruirsi delle esperienze?

non ho l'ambizione e neanche l'intenzione della perfezione, voglio essere così tutta scalcagnata e imbarazzante come sono, non cambio per nessuno, lasciatemi pure in disparte se non vi soddisfo, io con voi lo farei.

mi sento spossata, sono ancora lontana dal capire quale sia il mio reale problema, ma per quello credo servirebbe l'aiuto di uno strizzacervelli (bravo!) a questo punto.

di certo una consistente dose di rotture di coglioni gratuite in meno ora potrebbe farmi solo un gran bene. spero solo di non dover decimare ulteriormente l'élite di cui mi circondo per poter ottenere l'ambito sconto.

lunedì 22 aprile 2013

esotiche persistenze sui polpastrelli

homemade tzatziki al lime e pepe rosa

(ogni riferimento a prodotti industriali realmente esistenti 
è da considerarsi puramente casuale)

tzatziki