domenica 13 giugno 2010

trovato per caso


A volte è proprio nei momenti di povertà culturale e carenza di mezzi che si riescono ad elaborare le idee più innovative. Purtroppo non è stato il caso del fuorisalone di quest’'anno, che continua la sua discesa verso la commercializzazione di aziende già note e prende allo stesso tempo le distanze dalla promozione di talenti emergenti. Non si capisce se è la paura del nuovo che spaventa, o se di nuovo in realtà non se ne produce più. Di certo può sembrare rassicurante continuare a stupire con collaudati colpi di scena, ma il prezzo che bisogna pagare è un'’atmosfera statica e pigra. C'’è da dire che il riciclo in generale e la nuova vita che possono assumere oggetti banali hanno sempre un loro fascino. E questa è stata una delle chiavi vincenti di molte esposizioni che hanno puntato sul recupero di materiali destinati alla discarica, riducendo lo spreco e i costi di dismissione. Uno degli esperimenti maggiormente riusciti è stato quello che ha riunito menti di famosi designer e artisti nel riuscire a creare oggetti di arredamento usando le briccole tarlate e logore dei canali veneziani. In questo periodo in cui la tradizione e l’'usato sono particolarmente venerati, un tavolo volutamente segnato dal tempo e dalla decomposizione naturale riscuote ammirazione. All'’incirca la stessa logica accompagna le sempre più numerose creazioni in materiali poveri, o grezzi, alla portata di tutti. Staccare un foglio A3 da un album Fabriano, arrotolarlo e metterci all’'interno una lampadina è senz'’altro una dimostrazione di come con un minimo costo e un ancor più misero sforzo si possa creare “design”. Per non parlare dell’'abuso di carta e cartoncini, cartoni e veline che opportunamente piegati e modellati danno vita a qualsiasi tipo di oggetto di arredamento o abbigliamento. Ma non tutti seguono le stesse linee guida; un contrasto abbastanza stridente alla filosofia del riciclo si trova nei piani alti dei lussuosi palazzi del centro, in cui Fabio Novembre allestisce per Alviero Martini metri quadrati di showroom interamente in hi-mac, materiale di ultima generazione (sebbene già presente lo scorso anno) che si rifà al corian, ma che lo supera in prestazioni, e, soprattutto, in costi. Chi poi le risorse di Alviero Martini non ce le ha si ingegna per creare con artefatti meno costosi gli stessi effetti di fluidità e morbidezza delle forme. Molto usate le resine, le plastiche ultraleggere e a volte anche le ceramiche, che restituiscono con le loro proprietà l’'aspetto flessibile di un tessuto, rimanendo lisce e continue, avvolgendo lo spazio e assumendo sembianze quasi organiche. Altro filone ampiamente sfruttato è stato infine quello dei giochi di luce e delle riflessioni. Intelligente stratagemma per amplificare e valorizzare ciò che altrimenti sarebbe passato inosservato. Una normale candela inserita tra due specchi ad esempio crea una fila infinita di fiamme oscillanti, riportando alle atmosfere delle chiese o dei templi. Oppure delle semplici proiezioni e riflessi d’acqua (come quelle della Canon in Triennale) possono trasportarti in un mondo di sensazioni oniriche lontane dal reale. Volendo tirare le somme la sensazione che si prova dopo essersi sorbiti miliardi di invenzioni/creazioni, esperimenti, colpi di genio, intuizioni e oggetti d’arte è quella di un design che è fine a se stesso, che non sta puntando a qualcosa, che si riempie la bocca di ecosostenibilità o avanguardia tecnologica, ma che in realtà muore nel momento esatto in cui si gira lo sguardo. Sembra che quasi niente sia pensato per durare, per creare una rivoluzione, per risolvere problemi. C’è un sovraffollamento di suppellettili tutto sommato inutili, che abbelliscono lo spazio e magari ti strappano un sorriso o un segno di ammirazione, ma che dimenticano totalmente il ruolo che il disegno industriale dovrebbe occupare nella società, ossia quello di renderla più vivibile, più sicura e confortevole, di permettere al maggior numero di persone possibile di sentirsi a proprio agio all’'interno della quotidianità.

giovedì 3 giugno 2010

esercizio d'introspezione

Ali spiegate.

A volte ci si stanca di voler trovare delle giustificazioni a tutto a tutti i costi, bisognerebbe accettare che alcune cose sono tali e basta. Ma probabilmente è un atteggiamento che non fa parte della natura umana, o perlomeno non della mia. Mi interrogo incessantemente su quello che passa per la mente delle persone, cerco di trovare una logica ad ogni loro atteggiamento, fuggendo dalle apparenze con terrore. Ma ogni volta che la matassa si sbroglia la realtà emerge in tutta la sua banalità e grettezza. Credo che siano rimaste poche cose in cui confidare, ancora meno in cui sperare. Tutto ciò che il mio cinismo non ha ancora distrutto è l'amore per il diverso, o per quello che ancora non esiste, o per ciò che c'è e c'è sempre stato ma che nessuno riesce ancora a vedere. Sta di fatto che questo mondo non mi convince, mi diverte molto di più ricrearne uno tutto mio e metterlo a disposizione di chiunque sia disposto a condividerlo. Sento la minaccia delle gabbie, rappresentate dalle convenzioni sociali e dalle abitudini, mi fa paura pensare che sono già state stabilite delle regole universali, indipendentemente dalla loro sensatezza. Mi affligge il rischio di restare invischiati nella noia che si nutre della banalità in cui spesso ci accontentiamo di sguazzare, mi preoccupa la tendenza di molti a meravigliarsi e stupirsi di ogni cosa, come se fino al giorno prima avessero vissuto in una capanna isolata sulla cima di un monte. È talmente vasto e fantasioso e imprevedibile l’intelletto umano che dovrebbe poter spaziare al di fuori di ogni confine, vagare allo stato brado, coltivare una sana pazzia. Amo i gesti impulsivi, non pianificati, perché non rischiano di essere contaminati da secondi fini, da tornaconti, e non obbediscono mai ad alcuno schema. Tutto questo fa a pugni con la conformazione razionale della mia mente ed è un conflitto che mi rende piacevolmente instabile.

bussando alle porte del paradiso

è difficile dire se ti stessi aspettando.

le cose quando arrivano improvvisamente cancellano la memoria delle loro aspettative.

ma in qualche modo già lo sapevo, che avrei dovuto farci i conti, e così sia, conti fatti e finiti. ne sono uscita (?) degnamente, mi sono comportata da persona matura, sono fiera di me.

mi ci è voluto un po' a capire cosa stesse succedendo, e perché proprio adesso, maledizione! e quando sennò??

ho fatto indigestione del mio piatto preferito, non so se tornerà mai a piacermi come prima, se avrà più lo stesso sapore di sole. abbandonerà mai il suo bagaglio di ricordi?

no, forse non ti stavo aspettando, ma non importa, sono contenta così, mi è servito a rialzare la guardia.

just like so many times before.