lunedì 17 dicembre 2012

meno parole

L'espressione 'sono pessimo'.
Detta da un uomo che non ha rispettato la parola data,
perché semplicemente gli costava fatica.
Mi perseguita.

Cosa ti devo rispondere?
Hai ragione. Lo sei.
E forse sei anche qualcosa di più.

Ma così dicendo limiti notevolmente la mia creatività
nell'elaborare insulti più mirati e fantasiosi.
L'autodefinirti è un gesto di vigliaccheria.
Ti mette al riparo da ogni altro attacco,
ti procura la parvenza di assoluzione dei rei confessi
ma inquina la verità.

Perché probabilmente sei anche ottimo,
ma hai una grave carenza in fatto di attributi.

martedì 13 novembre 2012

la donna media

La donna media crede, o le piace credere, che il mondo giri attorno a lei, che ogni azione venga compiuta nei suoi paraggi, sia sicuramente indirizzata a lei, nel bene e nel male. Per dire, se è in mezzo ad altre mille persone, di certo quello laggiù sta guardando lei. E quelle due ragazze stanno commentando le sue scarpe. Senza dubbio!
La donna media crede, visto che il mondo gira attorno a lei, di essere stata investita del solenne compito di far conoscere ai suoi ammiratori tutti i minimi dettagli della sua vita. Ritiene sia suo specifico dovere morale informare ogni singolo individuo le capiti sotto mano di cosa pensa, che stadio hanno raggiunto i suoi sentimenti, con chi è uscita la sera prima, e se si sente particolarmente generosa, anche da quante ore non mangia. Perché ovviamente la donna media è sempre e perennemente a dieta. Cioè, dieta.. semplicemente non mangia!
Alla donna media capitano sempre cose che a nessun'altro mai, esperienze mistiche inspiegabili ai più e comprensibili solo a lei. Tipo il raffreddore, o i panni da stendere, o il lavoro, lo studio, il respirare.
Insomma qualsiasi evento è quello giusto per affliggere quanto basta il prossimo sulle sue sciagure. E probabilmente nella sua testa non trova spazio l'idea che anche il malcapitato 'prossimo' possa avere un paio di cose che gli stanno facendo girare le palle già di suo, e che avrebbe volentieri evitato di farsi carico delle lamentele altrui.
La donna media ha sempre bisogno di qualcuno che la capisca, che la consoli, che le tiri su il morale, che si ricordi di lei, che la chiami, che la inviti a cena e che possibilmente la passi pure a prendere, ma con una macchina bella, mica da sfigato, che poi che figura ci fa! Risulta chiaramente spiazzata se nessuno pare interessarsi a sufficienza alla sua vita, cosa che alimenta le sue sempre latenti manie di persecuzione e di abbandono. E che soprattutto vanifica irrimediabilmente i suoi sforzi per farsi notare, per affermarsi fisicamente e storicamente nel mondo, per lasciare un segno del suo passaggio su questa terra.
Generalmente la donna media si crede forte e sicura di sé ma è comunque alla continua ricerca di un pubblico che la faccia sentire apprezzata e considerata. Solitamente è l'unica e sola causa di tutti i suoi mali, ma è abilissima ad imputarne le colpe alla società, alla famiglia, al gatto, all'idraulico e allo scioglimento dei ghiacciai.
La donna media non ha consapevolezza dei suoi limiti, se leggesse questo testo non capirebbe neppure che parla di lei, e non perché sia stupida, tutt'altro, è che proprio non sa fermarsi a  pensare, non ha nessuna capacità di autoanalisi, e men che meno di autocritica.
In compenso parla moltissimo! La donna media si riconosce perché parla sempre, in continuazione, di qualsiasi cosa, così, giusto per tenersi in allenamento. Interrompe gli altri, parla durante i film, ti parla appena sveglio, ha bisogno di imporsi verbalmente, costi quel che costi. E quando proprio è a corto di parole (a volte succede) trova un modo qualunque per produrre rumore, qualcosa che testimoni la sua presenza.
La donna media è probabilmente nata con un problema di vista che limita gravemente il suo campo visivo, e benché si informi sulle vicende che vedono partecipe il resto dell'umanità, ricade puntualmente in quel buco nero da cui filtrano solo i raggi abbaglianti del suo maltrattato ego.

domenica 28 ottobre 2012

(tele)cronaca di un odio

oggi è domenica, è ora di cena, fuori piove, fa di nuovo freddo, abbiam mangiato castagne.. e in sala sta andando in onda a tutto volume la ennesima partita di calcio della giornata. vorrei essere più precisa sul numero, ma la domenica solitamente per sottrarmi a questo supplizio o esco o mi barrico in camera, per cui non saprei dire.. però si può fare un rapido calcolo, oggi abbiamo iniziato a mezzogiorno, che giocava la juve per cui il mondo per un'ora e tre quarti ha dovuto suo malgrado smettere di girare, pranzo domenicale in stand-by e tutti (tutti quelli ossessionati intendo, ossia la metà maschile della famiglia) incollati davanti allo schermo. dunque, consideriamo per comodità due ore a partita, prendiamo atto del fatto che non c'è stata soluzione di continuità, da mezzogiorno son passate nove ore, e ciò significa che siamo verosimilmente alla quarta o quinta partita della giornata, e non c'è nessun motivo per credere che questa sarà l'ultima. il bilancio finale è di un terzo di giornata speso davanti a un televisore (cosa già grave di per sé) a guardare multimilionari che giocano contro altri multimilionari. c'è chi aspetta il week end con trepidazione per molti motivi, e chi lo aspetta per lobotomizzarsi guardando partite di calcio su partite di calcio, fino allo stremo. e poi visto che l'argomento merita, tutti i successivi commenti e opinioni, di menti eccelse che filosofeggiano sulle azioni e sindacano sui falli, con una grazia e signorilità che acquisisce naturalmente chi dedica la sua vita a impegni di tale spessore.
poi si stupiscono del mio odio per il calcio.. se dovessi applicarmici con una tale insensata assiduità penso che arriverei ad odiare anche il sesso.

mercoledì 12 settembre 2012

non molto

il buon gusto innanzitutto.
la consapevolezza dei propri limiti. poi l'accettazione.
mai lamentarsi. ma proprio mai mai.

cos'altro?

ecco forse istituire la banalità peccato mortale.
giusto quello.

un complimento travestito

a causa di qualcuna delle mie molteplici devianze mentali, o semplicemente della mia spocchia, i complimenti non mi sono mai piaciuti. non dico che mi infastidiscano, ma poco ci manca. un po' perchè ho avuto nella vita la fortuna di essere circondata da persone gentili, quindi riceverli è diventata col tempo una roba un po' scontata, e un po' perchè è difficile calibrare la reazione che vorresti avere con quella che il dispensatore o la dispensatrice di complimenti si aspetta che tu abbia.
i complimenti appartengono a due categorie: la prima, la più innocua, comprende quelli falsi e ipocriti, fatti un po' a caso, così, per circostanza. (leggi "parenti che vedi una volta all'anno e che nei restanti trecentosessantaquattro giorni sanno a malapena che esisti", "condomini", "commercianti e venditori dediti alla loro missione"). di solito, superata la prima reazione di leggera nausea, si liquidano con un 'grazie' fintamente umile e riconoscente. e via! si può subito procedere all'acquisto di questo vestito che "come sta bene a lei signorina..."
poi, purtroppo, ci sono anche i complimenti sinceri. e qui leggi: amici, amanti, fidanzati, genitori, datori di lavoro, professori, e insomma un po' tutta quella gente che ti apprezza davvero, perchè ti vuole bene e perchè ci tiene a farti sentire importante, desiderata, orgogliosa, e non riesce a fare a meno di dimostrartelo.
qua solitamente mi trovo in quella situazione di leggero imbarazzo che rischia di scadere nella maleducazione, nel caso voglia far finta di non aver capito, o nella superbia, se ringrazio, come a voler dire "si, lo sapevo già di essere fantastica", o nella vergogna, se mi limito ad arrossire e abbassare lo sguardo, o nella manifesta superiorità, se cerco di sdrammatizzare con una battuta o di rifiutarlo.
sta di fatto che affrontare un complimento mi ha sempre creato qualche problema, probabilmente perchè spesso mi lusingano in modi che reputo eccessivi.

ma poi ogni tanto scopro che le categorie possono diventare tre.
poco tempo fa una persona mi ha detto, con la naturalezza di chi sta parlando del tempo: "mi piacerebbe fare un viaggio con te". e sono stata contentissima, perchè sembrava solo una frase, ma in realtà era un complimento, un complimento travestito da frase.
per me, che scopro ogni giorno che esperienza delicata e complessa sia viaggiare, tanto da preferire farlo in solitudine, che mi si dica una cosa del genere mi fa sentire davvero bene.
sono solo poche parole che racchiudono una miriade di implicazioni, è tutto là dentro, non c'è bisogno di aggiungere altro, è forse il complimento più completo e gratificante che si possa ricevere.
semplicemente, ho risposto con un sorriso.

martedì 4 settembre 2012

capita

realizzare sogni che nel frattempo ti eri anche dimenticata di custodire.
è che bisogna essere pronti. pronti e pazienti.

delfini azzorre

martedì 17 luglio 2012

segnali


Tempo fa ho letto da qualche parte questa frase:
Questa cosa di cercare sempre di mettersi nei panni dell’altro quando qualcuno sbaglia, va a finire che poi ti dimentichi di rimetterti i tuoi.
Avevo pensato che descriveva abbastanza bene la mia insicurezza e il mio sentirmi sempre in difetto rispetto agli altri, perciò ho cercato di smetterla, di provare ad essere più neutrale, considerare anche le mie come valide argomentazioni, che chissà, magari qualche volta c'ho ragione anche io. E poco a poco sono scivolata dall'altra parte del burrone, ho cominciato ad evitare così accuratamente di immedesimarmi negli altri che li ho fatti diventare quasi trasparenti.
Solo che ogni tanto "gli altri" tornano, e quando tornano per amore, a quel punto diventano specchi, e in un attimo ricomincia a vacillare la sicurezza nelle tue convinzioni.

Non l'ho ancora capito come si riesce ad essere imparziali in questioni che ti prendono lo stomaco, ma forse basterà continuare ad agire in buona fede, quella resta sempre una umile arma da tenere nella fondina.

she

sabato 23 giugno 2012

sulla nostalgia

"Quando ti viene una nostalgia, non è mancanza, è presenza, è una visita, arrivano persone, paesi, da lontano e ti tengono un poco di compagnia". Allora don Rafaniè, le volte che mi viene il pensiero di una mancanza la devo chiamare presenza? "Giusto, così a ogni mancanza dai il benvenuto, le fai un'accoglienza." Così quando sarete volato io non devo sentire la mancanza vostra? "No, dice, quando ti viene di pensare a me io sono presente." Scrivo sul rotolo le parole di Rafaniello che hanno rivoltato la mancanza sottosopra e ora sta meglio così. Lui fa coi pensieri come con le scarpe, le mette capovolte sul bancariello e le aggiusta.
erri de luca montedidio

Erri de Luca - Montedidio 

sabato 16 giugno 2012

Un appunto


La vita – è il solo modo
per coprirsi di foglie,
prendere fiato sulla sabbia,
sollevarsi sulle ali;

essere un cane,
o carezzarlo sul suo pelo caldo;

distinguere il dolore
da tutto ciò che dolore non è;

stare dentro gli eventi,
dileguarsi nelle vedute,
cercare il più piccolo errore.

Un'occasione eccezionale
per ricordare per un attimo
di che si è parlato
a luce spenta;

e almeno per una volta
inciampare in una pietra,
bagnarsi in qualche pioggia,
perdere le chiavi tra l'erba;

e seguire con gli occhi una scintilla di vento;

e persistere nel non sapere
qualcosa d'importante.


Wisława Szymborska

domenica 3 giugno 2012

vento

se potessi decidere la mia fine
la vorrei a gran velocità.
sorpresa, cristallizzata
nell'istante dello schianto.

se potessi decidere ancora qualcosa.
che ti dessi un'altra possibilità
per innamorarti di me.

mercoledì 30 maggio 2012

a seconda..

martis 
smartix
tumar
lady
baronessa 
tamarindo
madam
cut
martons
cutola
knaif
patac
marten
cutty
martovsky
squinzy
martolina
smart
misa
smars
marina
timer
smartolini
poupée
martù
martuzza
francesina
cutta
madrina
tuccia
smartuz
cucuzzella
tica
...

sabato 19 maggio 2012

doveva

rosa rete

doveva essere una settimana di grandi conquiste e recuperi, questa, ma non è stata niente di niente. di molti progetti pensati, nessuno realizzato. a volte capita che vada così. poi però anche le settimane più lunghe finiscono. ieri era venerdì e oggi finalmente si rinasce.
ieri era venerdì e non avevo voglia di affrontarlo, solo che poi sono successe alcune cose, alcune cose belle.

ho ritrovato i miei pensieri in un'estranea, solo espressi molto meglio, di modo che anch'io potessi capirli molto meglio.

ho avuto l'ennesima conferma che l'altruismo incontaminato e disinteressato esiste.

mi ha chiamata G. che tutto felice mi diceva che aveva usato il curry che gli avevo portato dall'india, e il pollo era venuto buonissimo.

"e questa che fibra è prof?" "questa è la lana dei pollini, l'altro giorno hanno lasciato le finestre aperte e ora è dappertutto".

un ragazzo faceva il giocoliere al semaforo eterno che c'è all'incrocio tra via melchiorre gioia e viale della liberazione: come innamorarsi in un tempo piccolo, come rammaricarsi di avere il portafogli che piange, come smettere di farlo notando che invece di contare le monete ti sorride con tutta la sua faccia affascinante.

L. aveva preso una decisione, al limite del drastico, ma invece di comunicarcela, tra le lacrime e le gerbere ha detto che ci aveva ripensato, non ci abbandona più (almeno per il momento, fino alla prossima crisi, poi si vedrà).

mi sa che non ci sono giornate in cui ci si può permettere di non aver voglia di lottare, devo solo cercare di tenerlo a mente per la prossima volta.

venerdì 18 maggio 2012

Dal vangelo secondo Giulia Blasi


Cosa dice lei: "Adoro essere single"

Cosa capisce lui: "Sono sola e triste senza un uomo, ma me la racconto: fammi cambiare idea!"

Traduzione: "Mi avete temporaneamente ma prepotentemente sfrangiato le ovaie, in futuro vedremo"

Contesto: Frase pronunciata generalmente a corollario di un elenco di complicazioni relazionali altrui.

Etimologia:
La protesta femminista degli anni ’60 e ’70 ci ha lasciato alcuni grandi insegnamenti: l’utero è nostro, il reggiseno stringe e i pesci non vanno in bicicletta. Da queste tre regole d’oro sono nate le donne single, che prima si chiamavano "zitelle" e sarebbero state disposte a cedere anche degli organi non vitali pur di accoppiarsi stabilmente con un uomo, e in seguito hanno preso gusto all’idea di attraversare la vita in solitaria, attrezzandosi di conseguenza.

La donna single è uguale alle altre donne, nel senso che fino dalla tenera età le è stata martellata nel cervello l’idea che prima o poi si sarebbe dovuta accoppiare e fare figli: ma questo non è (ancora) successo, e man mano che passano gli anni la donna single è costretta ad interrogarsi sulla natura della sua condizione. Scarsa inclinazione ai rapporti interpersonali? Pessimo carattere? Scarsa attrattiva? Sfiga? L’interrogativo si fa sempre più pressante in proporzione all’intensità con cui le amiche e parenti femmine le grattugiano le gonadi affinché si trovi un fidanzato/si sposi/faccia figli/presto che è tardi/non vorrai fare la fine di tua zia Nunzia. L’assunto di base è che la donna single sia sola e triste, anche quando la donna single in questione è tutt’altro che sola, ha amanti, amici, amiche, cose da fare, un lavoro o anche due o tre, cani, gatti, criceti e piante da balcone. La donna single è condannata a stare sulla difensiva, a giustificare il suo desiderio di non partecipare alla caccia al marito (o anche solo al fidanzato, ché signora mia, questi uomini moderni) e, se oltre la trentina e senza ansie ovariche, alla riproduzione della specie. Insomma, pure se non ti tocca: ti tocca. Non è strano che l’uomo moderno ma anche un po’ antico (quello che non si sposa, signoramia) abbia preso a considerarsi componente indispensabile per la felicità della donna, tipo l’ingrediente segreto della Coca-Cola, che se non c’è non è Coca-Cola.

Alcune donne single hanno piena coscienza della loro vocazione, e pur non essendo in teoria contrarie ad accoppiarsi anche per brevi periodi, si stufano prestissimo di avere a che fare su base quotidiana con le ansie, le pippe, i disordini, le infedeltà e la passione per gli sport minori che sembrano essere incluse automaticamente nel pacchetto-base di "uomo", tipo bouquet di gestore televisivo a cui è però difficilissimo apportare delle varianti. Tipo che se ti capita il genere "Intellettuale di sinistra" non sempre puoi fargli aggiungere "Clubber inveterato", e se invece ti capita "Presto a letto presto in piedi" è difficilissimo abbinarlo a "Mattinate languide fra le lenzuola", perché mentre tu langui lui s’è già alzato ed è di là che spignatta, pulisce, fa esercizi aerobici davanti alla finestra e canta canzoni tirolesi. Per non parlare di quelli che il sabato, la domenica e tutti i mercoledì sera entrano in stato catatonico davanti al televisore (ma poi ti stracciano le santissime se osi proporre la visione di Orgoglio e pregiudizio in sostituzione dell’ultimo lavoro con protagonista Vin Diesel). Insomma, l’uomo è bello ma non ne vorrebbero uno installato permanentemente in salotto.

Per capirci: lei adora essere single. Ma una botta e via, o una relazione tempestosa e decidua, si può anche fare.

Esempio di dialogo errato
Lei: "Adoro essere single."
Lui: "E’ perché non hai ancora incontrato quello giusto."

Esempio di dialogo corretto
Lei: "Adoro essere single."
Lui: "Anche io! Abbiamo qualcosa in comune. Da te o da me?"

(http://meparlaredonna.gqitalia.it/2009/07/11/lezione-11-adoro-essere-single/)

giovedì 17 maggio 2012

la breve vita dei mozziconi bianchi

mozziconi
Ho tirato fuori una sigaretta mentre aspettavo il tram.
Avevo voglia di fumare.
Ho chiesto da accendere.
Poi il tram è arrivato,
ma in anticipo rispetto a quanto sperassi,
e la sigaretta l'ho dovuta spegnere dopo due tiri.
Cercare un posto a sedere con ancora in bocca
il desiderio di nicotina e la percezione di non esserti
potuta godere fino in fondo un momento di vita
un po' - il viaggio - te lo rovina.


Ma il punto è che, se anche ora scendessi dal tram, quella sigaretta schiacciata sulla banchina che ha ormai smesso di bruciare, di certo non la riprenderei tra le dita.

giovedì 19 aprile 2012

una fotografia a metà

Ho visto una donna che camminava sotto la pioggia con una foglia in mano.
Ma la foglia l'ho notata solo dopo.
La prima cosa che mi ha colpito sono state le scarpe, delle converse che probabilmente avevano visto entrambe le guerre, che portava come fossero pantofole, da quanto ormai erano sformate.
Incurante delle pozzanghere e del torrente d'acqua che scendeva dal cielo camminava lentamente ma con passo costante, aveva una lunga borsa di pezza che portava a tracolla, tutta colorata, ma per il resto era blu, un bel blu. Quello dell'enorme tunica e dei larghi pantaloni che sembravano non avere nè un inizio nè una fine.
L'ombrello per quanto riusciva la proteggeva, ma mentre la superavo ho notato che teneva in mano una foglia verdissima, e sporgeva la mano oltre il riparo per far sì che rimanesse continuamente bagnata.
Avrei voluto girarmi per guardarla, o sorriderle, ma ho avuto per un attimo la paura di risultare invadente. Ho pensato che all'angolo mi sarei potuta fermare un momento facendo finta di orientarmi e l'avrei vista arrivare, ma quando mi sono voltata se n'era persa ogni traccia, ho ripercorso i miei passi a ritroso, controllato nei negozi e vicino all'edicola.
Non sono riuscita a vedere la faccia della donna che camminava con una foglia in mano.
Ora ho in testa una fotografia a metà.

giovedì 12 aprile 2012

bonsai

non riesco ad avere pazienza
le mie mani sudano al vento
quando perdo
tempo
quando perdo
tempo

-CC-

martedì 3 aprile 2012

il fine che non giustifica i mezzi

ci sono sere in cui capisci delle cose.
strano, non sono quasi mai giorni.
i giorni sono fatti per i processi lenti e sistematici; ma poi quando la mente si prepara a spegnersi arrivano le intuizioni. non è che siano sempre lampanti, ci vuole qualche attimo per accoglierle, nutrirle e assistere al loro sviluppo.
ma a un certo punto arrivano.
molte volte sono di poco conto, come l'aggancio mancante di una coreografia, ma altre.. altre ti investono con la loro ovvietà, e ti chiedi perchè ancora non c'eri arrivata, nonostante ci avessi ragionato su in passato innumerevoli volte.
probabilmente era giorno.

ci sono sere improvvisate senza neanche troppa convinzione, bagnate da un po' di rosso e ritmate dalla voce di qualcuno sul cui amore potrai sempre contare, in cui smetti di incolparti per i torti degli altri e allenti le bende sugli occhi quel tanto che basta per vedere che anche gli angeli mangiano fagioli.

- alle volte uno si crede incompleto, ed è soltanto giovane -

venerdì 9 marzo 2012

mi piace guardare da dietro le persone che camminano, e le gru in movimento


malcelata ipocrisia di volermi celare agli occhi del mondo osservandolo dallo squarcio di una corteccia. vedo le loro gambe, i cappotti sbottonati, le borse ingombranti a tracolla, la cadenza dei loro passi e poco altro. da qua non posso interpretare le loro espressioni, conoscere la reazione dei loro occhi accecati dal sole, non ne leggo il labiale. da dietro le persone sono meno faticose, non sbraitano e mi concedono il lusso di apprezzarle senza ricambiare.
qualcosa sta passando sopra la mia testa. alzo gli occhi, ma forse non dovrei.


non guardare il cielo mai. porta quasi sempre. forme di paralisi. per la mente.

martedì 7 febbraio 2012

effetto louis vuitton

non che solitamente sia una persona tollerante o ben disposta verso l'accettazione indiscriminata di qualsiasi individuo. e neanche così ingenua da non sapere quali infimi livelli può toccare lo spirito umano. eppure c'è un ambiente, questo della - come la chiamano loro - alta moda, che mi fa rivoltare lo stomaco. letteralmente. posso parlare ora che sono a pochi passi dalla fine del tunnel, so che i miei sforzi di sopportazione avranno una fine e, detto sussurrando, scalpito! certo perchè queste cose non si possono dire ad alta voce, guai se ti sentono fare smorfie di fronte a un (raccapricciante) disegno da migliaia di euro, o se non ti vedono recarti con accettabile frequenza a rifornirti di capi extrafirmati ed extrascontati perchè fai parte dell'elite che li produce. ci vuole una buona dose di autocontrollo per mantenere la calma di fronte a occhi lucidi che basiti provano a spiegarti quale grande opportunità sia aggiudicarti una pezza di cotone con su pataccate di loghi che in negozio troveresti rincarata di sei volte. non osare neanche pensare che tutti quei sedicenti stilisti li vorresti vedere dietro le sbarre, con accusa di furto e circonvenzione di incapaci. invece, in questo mondo al contrario, i criminali vengono venerati come divinità, e il solo fatto di pronunciare il loro nome con sufficiente disinvoltura sembra possa condurti all'estasi suprema.
no, pardon, quello non basta. l'altra attività largamente rinomata è l'uso della lingua. non ovviamente a fini sessuali nè sentimentali, qua l'amore assume significati aulici e platonici, ben al di sopra delle nostre carnalità da banali mortali. la lingua, appunto, ha due funzioni ben più fondamentali. la prima e indiscussa è quella di leccare, qualsiasi fondoschiena purchè si trovi quel decimo di millimetro più in alto del tuo. il pudore, la decenza, l'etica, il rispetto per sè stessi, la vergogna, l'umiliazione..... non esistono realmente, sono frutto dell'invenzione di gente poco ambiziosa, che si accontenta e si illude scioccamente che possa bastare la passione e l'onestà per raggiungere gli stessi traguardi. a questo punto, quando il lavoro di salvaguardia del sè è stato completato con cura, bisogna affrettarsi a sbaragliare la concorrenza. e qui, l'instancabile lingua, completa l'opera riversando badilate di fango (dai, diciamo fango) su tutto ciò che possa eventualmente intralciare il percorso verso la beatificazione. è un processo, questo, molto creativo. sarebbe noioso se effettivamente le persone meritassero le accuse che gli vengono mosse, per cui un costante lavorio di meningi riesce a produrre le condanne più deleterie. molto gettonate, ad esempio, quelle riguardanti l'aspetto fisico, l'abbigliamento e il presunto benessere economico. roba seria, insomma!
neanche a dirlo, le donne sono le regine incontrastate in questo olimpo marcio, che sembra acuire i loro peggiori e meschini sentimenti, a tal punto da contagiare anche l'altro sesso, quello che dovrebbe essere forte, e che alla fine dei giochi, per comodità e convenienza, si cala nella parte con tutte le scarpe (di marca ovviamente).

martedì 10 gennaio 2012

tantovaleammetterlo

sto invecchiando. gravemente.
ho venticinque anni da quasi un mese ormai e ancora devo riprendermi dalla notizia. venticinque maledizione! non è che uno vive per venticinque anni e poi fa finta di niente. bè, sì, ci ho provato, quello era il piano, ma non ha funzionato. un cadavere nascosto sotto un tappeto. me li sento proprio tutti appiccicati addosso, questi anni. credo mi donino anche, ci siamo amati e odiati con passione, ci siamo presi tutto il tempo di cui avevamo bisogno senza mai rassegnarci all'abitudine, ci siamo arricchiti a vicenda e vissuti intensamente.
ma alla fine dei giochi, quando arriva il momento, bisogna fermarsi, fare il bilancio dei danni e contare i feriti. ed è qualcosa di inaspettatamente doloroso. e ora che siamo qua cosa mi racconto? come me lo spiego che ho ancora bisogno di tempo, e che di tempo in realtà non posso prendermene ancora molto?
mi accorgo, guardandomi, di non essere più la stessa. ho smesso di sforzarmi, ho voluto farlo, ho lasciato che la mia intolleranza mi trasportasse su questo lembo di terra incontaminata e selvaggia, su cui cammino nuda e parlo ad alta voce, da cui non voglio scendere dopo averne conquistato a piccoli passi ogni centimetro. i giorni delle belle speranze e delle ingenue illusioni hanno lasciato solo una bava di malinconia che si sta asciugando al sole. ora ho piena coscienza di me e degli altri, so fin dove posso spingermi io, so dove possono arrivare loro. se i nostri traguardi sono vicini, continueremo a camminare insieme, altrimenti no. se vedremo il mondo dalla stessa prospettiva, potremo continuare a condividerla insieme, altrimenti no.
rispondo vagamente, con sincero e cortese distacco, ai languidi stucchevoli altruismi di convenienza. ho deciso che imparerò a seguire le regole, so essere civile e educata, ho imparato a recitare la parte e a tenere in ordine la facciata che i quotidiani rapporti formali richiedono. e questo è il mio limite, oltre non vado. falsi sorrisi per gente falsa, vuota, povera di spirito e di fantasia, che non sa mettersi in discussione e in compenso ha sempre qualche cattiva parola pronta per gli altri: non capisco perché dovrei sprecare con loro le mie energie, o anche solamente fingere di averne intenzione. sarebbe solo un danno per la mia già compromessa reputazione del genere umano, il colpo di grazia per la mia misantropia.
arriva il momento in cui finalmente i conti tornano, ti osservi e sorridi, allunghi le braccia e scopri che è già tutto là, a portata di mano, quello che ti serve per essere completa. va bene, non proprio tutto, ma quasi. in ogni caso sono abbastanza vecchia da essere in grado di rispettare i miei principi, ora vorrei solo sgombrare la mente, ma per quello dovrò inventarmi un nuovo traguardo, questo l'ho mancato.