L'acqua bolliva già da parecchio tempo. Il livello era sceso e sui bordi interni della pentola che le aveva regalato sua madre si era depositata una sottile striscia di calcare. Il sugo nel frattempo era di nuovo diventato freddo, e due mosche ci ronzavano attorno circospette.
Estranea a quello che avveniva tra i fornelli Lucia se ne stava seduta per terra, appoggiata alla parete della cucina dove un tempo troneggiavano le due damigiane di terracotta. Gli avvolgibili abbassati lasciavano la stanza in penombra, permettendo tuttavia agli ultimi, tenaci raggi di quel sole di fine estate di penetrare attraverso le fessure. Dalla spiaggia ormai non giungeva più il brusio dei turisti e l'atmosfera malinconica e sospesa sembrava studiata apposta per smarrirsi in un flusso di pensieri senza fine.
In questo stato si trovava Lucia quando fu destata da un rumore proveniente dal corridoio. Si alzò. Decise che le era passata la fame. Spense il gas. La gatta aveva di nuovo rovesciato la lettiera.
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