venerdì 18 maggio 2012

Dal vangelo secondo Giulia Blasi


Cosa dice lei: "Adoro essere single"

Cosa capisce lui: "Sono sola e triste senza un uomo, ma me la racconto: fammi cambiare idea!"

Traduzione: "Mi avete temporaneamente ma prepotentemente sfrangiato le ovaie, in futuro vedremo"

Contesto: Frase pronunciata generalmente a corollario di un elenco di complicazioni relazionali altrui.

Etimologia:
La protesta femminista degli anni ’60 e ’70 ci ha lasciato alcuni grandi insegnamenti: l’utero è nostro, il reggiseno stringe e i pesci non vanno in bicicletta. Da queste tre regole d’oro sono nate le donne single, che prima si chiamavano "zitelle" e sarebbero state disposte a cedere anche degli organi non vitali pur di accoppiarsi stabilmente con un uomo, e in seguito hanno preso gusto all’idea di attraversare la vita in solitaria, attrezzandosi di conseguenza.

La donna single è uguale alle altre donne, nel senso che fino dalla tenera età le è stata martellata nel cervello l’idea che prima o poi si sarebbe dovuta accoppiare e fare figli: ma questo non è (ancora) successo, e man mano che passano gli anni la donna single è costretta ad interrogarsi sulla natura della sua condizione. Scarsa inclinazione ai rapporti interpersonali? Pessimo carattere? Scarsa attrattiva? Sfiga? L’interrogativo si fa sempre più pressante in proporzione all’intensità con cui le amiche e parenti femmine le grattugiano le gonadi affinché si trovi un fidanzato/si sposi/faccia figli/presto che è tardi/non vorrai fare la fine di tua zia Nunzia. L’assunto di base è che la donna single sia sola e triste, anche quando la donna single in questione è tutt’altro che sola, ha amanti, amici, amiche, cose da fare, un lavoro o anche due o tre, cani, gatti, criceti e piante da balcone. La donna single è condannata a stare sulla difensiva, a giustificare il suo desiderio di non partecipare alla caccia al marito (o anche solo al fidanzato, ché signora mia, questi uomini moderni) e, se oltre la trentina e senza ansie ovariche, alla riproduzione della specie. Insomma, pure se non ti tocca: ti tocca. Non è strano che l’uomo moderno ma anche un po’ antico (quello che non si sposa, signoramia) abbia preso a considerarsi componente indispensabile per la felicità della donna, tipo l’ingrediente segreto della Coca-Cola, che se non c’è non è Coca-Cola.

Alcune donne single hanno piena coscienza della loro vocazione, e pur non essendo in teoria contrarie ad accoppiarsi anche per brevi periodi, si stufano prestissimo di avere a che fare su base quotidiana con le ansie, le pippe, i disordini, le infedeltà e la passione per gli sport minori che sembrano essere incluse automaticamente nel pacchetto-base di "uomo", tipo bouquet di gestore televisivo a cui è però difficilissimo apportare delle varianti. Tipo che se ti capita il genere "Intellettuale di sinistra" non sempre puoi fargli aggiungere "Clubber inveterato", e se invece ti capita "Presto a letto presto in piedi" è difficilissimo abbinarlo a "Mattinate languide fra le lenzuola", perché mentre tu langui lui s’è già alzato ed è di là che spignatta, pulisce, fa esercizi aerobici davanti alla finestra e canta canzoni tirolesi. Per non parlare di quelli che il sabato, la domenica e tutti i mercoledì sera entrano in stato catatonico davanti al televisore (ma poi ti stracciano le santissime se osi proporre la visione di Orgoglio e pregiudizio in sostituzione dell’ultimo lavoro con protagonista Vin Diesel). Insomma, l’uomo è bello ma non ne vorrebbero uno installato permanentemente in salotto.

Per capirci: lei adora essere single. Ma una botta e via, o una relazione tempestosa e decidua, si può anche fare.

Esempio di dialogo errato
Lei: "Adoro essere single."
Lui: "E’ perché non hai ancora incontrato quello giusto."

Esempio di dialogo corretto
Lei: "Adoro essere single."
Lui: "Anche io! Abbiamo qualcosa in comune. Da te o da me?"

(http://meparlaredonna.gqitalia.it/2009/07/11/lezione-11-adoro-essere-single/)

giovedì 17 maggio 2012

la breve vita dei mozziconi bianchi

mozziconi
Ho tirato fuori una sigaretta mentre aspettavo il tram.
Avevo voglia di fumare.
Ho chiesto da accendere.
Poi il tram è arrivato,
ma in anticipo rispetto a quanto sperassi,
e la sigaretta l'ho dovuta spegnere dopo due tiri.
Cercare un posto a sedere con ancora in bocca
il desiderio di nicotina e la percezione di non esserti
potuta godere fino in fondo un momento di vita
un po' - il viaggio - te lo rovina.


Ma il punto è che, se anche ora scendessi dal tram, quella sigaretta schiacciata sulla banchina che ha ormai smesso di bruciare, di certo non la riprenderei tra le dita.

giovedì 19 aprile 2012

una fotografia a metà

Ho visto una donna che camminava sotto la pioggia con una foglia in mano.
Ma la foglia l'ho notata solo dopo.
La prima cosa che mi ha colpito sono state le scarpe, delle converse che probabilmente avevano visto entrambe le guerre, che portava come fossero pantofole, da quanto ormai erano sformate.
Incurante delle pozzanghere e del torrente d'acqua che scendeva dal cielo camminava lentamente ma con passo costante, aveva una lunga borsa di pezza che portava a tracolla, tutta colorata, ma per il resto era blu, un bel blu. Quello dell'enorme tunica e dei larghi pantaloni che sembravano non avere nè un inizio nè una fine.
L'ombrello per quanto riusciva la proteggeva, ma mentre la superavo ho notato che teneva in mano una foglia verdissima, e sporgeva la mano oltre il riparo per far sì che rimanesse continuamente bagnata.
Avrei voluto girarmi per guardarla, o sorriderle, ma ho avuto per un attimo la paura di risultare invadente. Ho pensato che all'angolo mi sarei potuta fermare un momento facendo finta di orientarmi e l'avrei vista arrivare, ma quando mi sono voltata se n'era persa ogni traccia, ho ripercorso i miei passi a ritroso, controllato nei negozi e vicino all'edicola.
Non sono riuscita a vedere la faccia della donna che camminava con una foglia in mano.
Ora ho in testa una fotografia a metà.

giovedì 12 aprile 2012

bonsai

non riesco ad avere pazienza
le mie mani sudano al vento
quando perdo
tempo
quando perdo
tempo

-CC-

martedì 3 aprile 2012

il fine che non giustifica i mezzi

ci sono sere in cui capisci delle cose.
strano, non sono quasi mai giorni.
i giorni sono fatti per i processi lenti e sistematici; ma poi quando la mente si prepara a spegnersi arrivano le intuizioni. non è che siano sempre lampanti, ci vuole qualche attimo per accoglierle, nutrirle e assistere al loro sviluppo.
ma a un certo punto arrivano.
molte volte sono di poco conto, come l'aggancio mancante di una coreografia, ma altre.. altre ti investono con la loro ovvietà, e ti chiedi perchè ancora non c'eri arrivata, nonostante ci avessi ragionato su in passato innumerevoli volte.
probabilmente era giorno.

ci sono sere improvvisate senza neanche troppa convinzione, bagnate da un po' di rosso e ritmate dalla voce di qualcuno sul cui amore potrai sempre contare, in cui smetti di incolparti per i torti degli altri e allenti le bende sugli occhi quel tanto che basta per vedere che anche gli angeli mangiano fagioli.

- alle volte uno si crede incompleto, ed è soltanto giovane -

venerdì 9 marzo 2012

mi piace guardare da dietro le persone che camminano, e le gru in movimento


malcelata ipocrisia di volermi celare agli occhi del mondo osservandolo dallo squarcio di una corteccia. vedo le loro gambe, i cappotti sbottonati, le borse ingombranti a tracolla, la cadenza dei loro passi e poco altro. da qua non posso interpretare le loro espressioni, conoscere la reazione dei loro occhi accecati dal sole, non ne leggo il labiale. da dietro le persone sono meno faticose, non sbraitano e mi concedono il lusso di apprezzarle senza ricambiare.
qualcosa sta passando sopra la mia testa. alzo gli occhi, ma forse non dovrei.


non guardare il cielo mai. porta quasi sempre. forme di paralisi. per la mente.

martedì 7 febbraio 2012

effetto louis vuitton

non che solitamente sia una persona tollerante o ben disposta verso l'accettazione indiscriminata di qualsiasi individuo. e neanche così ingenua da non sapere quali infimi livelli può toccare lo spirito umano. eppure c'è un ambiente, questo della - come la chiamano loro - alta moda, che mi fa rivoltare lo stomaco. letteralmente. posso parlare ora che sono a pochi passi dalla fine del tunnel, so che i miei sforzi di sopportazione avranno una fine e, detto sussurrando, scalpito! certo perchè queste cose non si possono dire ad alta voce, guai se ti sentono fare smorfie di fronte a un (raccapricciante) disegno da migliaia di euro, o se non ti vedono recarti con accettabile frequenza a rifornirti di capi extrafirmati ed extrascontati perchè fai parte dell'elite che li produce. ci vuole una buona dose di autocontrollo per mantenere la calma di fronte a occhi lucidi che basiti provano a spiegarti quale grande opportunità sia aggiudicarti una pezza di cotone con su pataccate di loghi che in negozio troveresti rincarata di sei volte. non osare neanche pensare che tutti quei sedicenti stilisti li vorresti vedere dietro le sbarre, con accusa di furto e circonvenzione di incapaci. invece, in questo mondo al contrario, i criminali vengono venerati come divinità, e il solo fatto di pronunciare il loro nome con sufficiente disinvoltura sembra possa condurti all'estasi suprema.
no, pardon, quello non basta. l'altra attività largamente rinomata è l'uso della lingua. non ovviamente a fini sessuali nè sentimentali, qua l'amore assume significati aulici e platonici, ben al di sopra delle nostre carnalità da banali mortali. la lingua, appunto, ha due funzioni ben più fondamentali. la prima e indiscussa è quella di leccare, qualsiasi fondoschiena purchè si trovi quel decimo di millimetro più in alto del tuo. il pudore, la decenza, l'etica, il rispetto per sè stessi, la vergogna, l'umiliazione..... non esistono realmente, sono frutto dell'invenzione di gente poco ambiziosa, che si accontenta e si illude scioccamente che possa bastare la passione e l'onestà per raggiungere gli stessi traguardi. a questo punto, quando il lavoro di salvaguardia del sè è stato completato con cura, bisogna affrettarsi a sbaragliare la concorrenza. e qui, l'instancabile lingua, completa l'opera riversando badilate di fango (dai, diciamo fango) su tutto ciò che possa eventualmente intralciare il percorso verso la beatificazione. è un processo, questo, molto creativo. sarebbe noioso se effettivamente le persone meritassero le accuse che gli vengono mosse, per cui un costante lavorio di meningi riesce a produrre le condanne più deleterie. molto gettonate, ad esempio, quelle riguardanti l'aspetto fisico, l'abbigliamento e il presunto benessere economico. roba seria, insomma!
neanche a dirlo, le donne sono le regine incontrastate in questo olimpo marcio, che sembra acuire i loro peggiori e meschini sentimenti, a tal punto da contagiare anche l'altro sesso, quello che dovrebbe essere forte, e che alla fine dei giochi, per comodità e convenienza, si cala nella parte con tutte le scarpe (di marca ovviamente).

martedì 10 gennaio 2012

tantovaleammetterlo

sto invecchiando. gravemente.
ho venticinque anni da quasi un mese ormai e ancora devo riprendermi dalla notizia. venticinque maledizione! non è che uno vive per venticinque anni e poi fa finta di niente. bè, sì, ci ho provato, quello era il piano, ma non ha funzionato. un cadavere nascosto sotto un tappeto. me li sento proprio tutti appiccicati addosso, questi anni. credo mi donino anche, ci siamo amati e odiati con passione, ci siamo presi tutto il tempo di cui avevamo bisogno senza mai rassegnarci all'abitudine, ci siamo arricchiti a vicenda e vissuti intensamente.
ma alla fine dei giochi, quando arriva il momento, bisogna fermarsi, fare il bilancio dei danni e contare i feriti. ed è qualcosa di inaspettatamente doloroso. e ora che siamo qua cosa mi racconto? come me lo spiego che ho ancora bisogno di tempo, e che di tempo in realtà non posso prendermene ancora molto?
mi accorgo, guardandomi, di non essere più la stessa. ho smesso di sforzarmi, ho voluto farlo, ho lasciato che la mia intolleranza mi trasportasse su questo lembo di terra incontaminata e selvaggia, su cui cammino nuda e parlo ad alta voce, da cui non voglio scendere dopo averne conquistato a piccoli passi ogni centimetro. i giorni delle belle speranze e delle ingenue illusioni hanno lasciato solo una bava di malinconia che si sta asciugando al sole. ora ho piena coscienza di me e degli altri, so fin dove posso spingermi io, so dove possono arrivare loro. se i nostri traguardi sono vicini, continueremo a camminare insieme, altrimenti no. se vedremo il mondo dalla stessa prospettiva, potremo continuare a condividerla insieme, altrimenti no.
rispondo vagamente, con sincero e cortese distacco, ai languidi stucchevoli altruismi di convenienza. ho deciso che imparerò a seguire le regole, so essere civile e educata, ho imparato a recitare la parte e a tenere in ordine la facciata che i quotidiani rapporti formali richiedono. e questo è il mio limite, oltre non vado. falsi sorrisi per gente falsa, vuota, povera di spirito e di fantasia, che non sa mettersi in discussione e in compenso ha sempre qualche cattiva parola pronta per gli altri: non capisco perché dovrei sprecare con loro le mie energie, o anche solamente fingere di averne intenzione. sarebbe solo un danno per la mia già compromessa reputazione del genere umano, il colpo di grazia per la mia misantropia.
arriva il momento in cui finalmente i conti tornano, ti osservi e sorridi, allunghi le braccia e scopri che è già tutto là, a portata di mano, quello che ti serve per essere completa. va bene, non proprio tutto, ma quasi. in ogni caso sono abbastanza vecchia da essere in grado di rispettare i miei principi, ora vorrei solo sgombrare la mente, ma per quello dovrò inventarmi un nuovo traguardo, questo l'ho mancato.