A volte è proprio nei momenti di povertà culturale e carenza
di mezzi che si riescono ad elaborare le idee più innovative. Purtroppo non è
stato il caso del fuorisalone di quest'anno, che
continua la sua discesa verso la commercializzazione di aziende già note e prende allo stesso tempo le distanze dalla promozione
di talenti emergenti. Non si capisce se è la paura del nuovo che spaventa, o se
di nuovo in realtà non se ne produce più. Di certo può sembrare rassicurante
continuare a stupire con collaudati colpi di scena, ma il prezzo che bisogna
pagare è un'atmosfera statica e pigra. C'è da dire che il riciclo in generale e la nuova vita che
possono assumere oggetti banali hanno sempre un loro fascino. E questa è stata una delle chiavi vincenti di molte esposizioni che
hanno puntato sul recupero di materiali destinati alla discarica, riducendo lo
spreco e i costi di dismissione. Uno degli esperimenti maggiormente riusciti è
stato quello che ha riunito menti di famosi designer e artisti nel riuscire a
creare oggetti di arredamento usando le briccole tarlate e logore dei canali
veneziani. In questo periodo in cui la tradizione e l'usato
sono particolarmente venerati, un tavolo volutamente segnato dal tempo e dalla
decomposizione naturale riscuote ammirazione. All'incirca
la stessa logica accompagna le sempre più numerose creazioni in materiali
poveri, o grezzi, alla portata di tutti. Staccare un foglio A3 da un album
Fabriano, arrotolarlo e metterci all'interno una
lampadina è senz'altro
una dimostrazione di come con un minimo costo e un ancor più misero sforzo si
possa creare design.
Per non parlare dell'abuso di carta e cartoncini,
cartoni e veline che opportunamente piegati e modellati danno vita a qualsiasi
tipo di oggetto di arredamento o abbigliamento. Ma non tutti seguono le stesse
linee guida; un contrasto abbastanza stridente alla filosofia del riciclo si
trova nei piani alti dei lussuosi palazzi del centro, in cui Fabio Novembre
allestisce per Alviero Martini metri quadrati di showroom interamente in hi-mac,
materiale di ultima generazione (sebbene già presente lo scorso anno) che si
rifà al corian, ma che lo supera in prestazioni, e, soprattutto, in costi. Chi
poi le risorse di Alviero Martini non ce le ha si ingegna per creare con
artefatti meno costosi gli stessi effetti di fluidità e morbidezza delle forme.
Molto usate le resine, le plastiche ultraleggere e a volte anche le ceramiche,
che restituiscono con le loro proprietà l'aspetto
flessibile di un tessuto, rimanendo lisce e continue, avvolgendo lo spazio e
assumendo sembianze quasi organiche. Altro filone ampiamente sfruttato è stato
infine quello dei giochi di luce e delle riflessioni. Intelligente stratagemma
per amplificare e valorizzare ciò che altrimenti sarebbe passato inosservato.
Una normale candela inserita tra due specchi ad esempio crea una fila infinita
di fiamme oscillanti, riportando alle atmosfere delle chiese o dei templi. Oppure delle
semplici proiezioni e riflessi dacqua (come
quelle della Canon in Triennale) possono trasportarti in un mondo di sensazioni
oniriche lontane dal reale. Volendo tirare le somme la sensazione che si prova
dopo essersi sorbiti miliardi di invenzioni/creazioni, esperimenti, colpi di
genio, intuizioni e oggetti darte è quella di un design che è
fine a se stesso, che non sta puntando a qualcosa, che si riempie la bocca di
ecosostenibilità o avanguardia tecnologica, ma che in realtà muore nel momento
esatto in cui si gira lo sguardo. Sembra che quasi niente sia pensato per
durare, per creare una rivoluzione, per risolvere problemi. Cè un sovraffollamento di suppellettili tutto sommato inutili,
che abbelliscono lo spazio e magari ti strappano un sorriso o un segno di
ammirazione, ma che dimenticano totalmente il ruolo che il disegno industriale
dovrebbe occupare nella società, ossia
quello di renderla più vivibile, più sicura e confortevole, di permettere al
maggior numero di persone possibile di sentirsi a proprio agio all'interno della quotidianità.
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